Sempre più si assiste al fenomeno dei problemi di comunicazione : sembra paradossale se consideriamo l’era in cui viviamo, costellata di strumenti che permettono di stare sempre connessi, abbattendo la dimensione spaziale e temporale. Eppure la comunicazione “vis a vis” sta subendo un tracollo: sembra più facile scambiarsi dei messaggi, più o meno importanti, attraverso i social, piuttosto che dirsi le cose direttamente, a viso aperto.
Questo fenomeno coinvolge tutti: dai ragazzi che “parlano” via whatsapp, alle coppie che passeggiano per strada mandando selfie agli amici, alle famiglie che anche a tavola non riescono a fare a meno dei dispositivi e dei media.
Ad oggi sono aumentate le richieste di supporto psicologico sia per difficoltà di natura relazionale, sia per problemi di comunicazione emergenti nel rapporto di coppia.
I problemi in questione riguardano proprio il fatto di aver perso, o di non aver mai sufficientemente allenato, la capacità di sostenere una conversazione con l’altro guardandolo negli occhi, dandogli una risposta immediata, “di pancia”, senza avere il tempo di costruire una risposta mediando i termini utilizzati per dare il feedback e le emozioni coinvolte. Attraverso i social è più facile dire delle cose o dare delle risposte forti perché il confronto non è mai diretto, il mezzo è una potente arma di protezione che scherma dall’altro e dalla sua reazione; inoltre fornisce la possibilità di decidere come “giocarsela”: rispondere subito, darsi del tempo per riflettere, non rispondere affatto.
In una normale comunicazione che prevede il solo utilizzo della parola orale tutto si complica: non si può scegliere a tavolino come rispondere, cosa dire e i tempi in cui farlo. E’ un po’ come un’interrogazione: bisogna rispondere subito, non c’è tempo di andare a cercare sul libro la risposta.
Le difficoltà a volte derivano dalla famiglia di origine, in cui non si è sviluppato un adeguato modello educativo basato sulla comunicazione chiara e diretta ma nel quale quest’ultima è sempre stata caratterizzata da messaggi contraddittori o comunque facilmente fraintendibili, con la conseguente difficoltà a costruire e scambiare messaggi significativi con l’altro. Questa condizione può peggiorare se la si contestualizza ad oggi: come dicevo prima, una persona poco avvezza al dialogo può considerare un porto sicuro il social in quanto lo protegge dagli altri e dalle sue difficoltà all’approccio diretto.
Ma è anche necessario considerare le conseguenze che il mondo virtuale comporta: se da una parte possiamo ritenerci persone in gamba perché scegliamo di apparire agli altri come dei grandi, ad esempio con una spiccata personalità, e loro percepiscono esattamente questo aspetto di noi, dall’altra questa modalità di interazione ci spinge ad un isolamento sempre più serrato: non saremo in grado di sviluppare relazioni autentiche, reali, né a costruire un legame d’amore in cui essere semplicemente noi e in cui l’altro ci accoglie proprio per ciò che siamo, con tutte le nostre forze e debolezze.
È chiaro che ci ritroviamo in uno stato di empasse, bloccati con le nostre stesse mani a mostrarci per ciò che siamo, perché insicuri, e costretti in una condizione di isolamento sempre più prepotente.
La domanda è: come fare ad uscire da questa gabbia che tanto abilmente ci siamo costruiti attorno? Come creare le chiavi che ci liberino da questa gabbia e ci restituiscano una reale identità e una reale rete relazionale e comunicativa?
Rendendoci conto del nostro malessere e chiedendo aiuto abbiamo già compiuto il primo passo. Diventare consapevoli che tutti gli esseri umani sono imperfetti, hanno delle paure, delle insicurezze e dei limiti, proprio come noi, è il secondo. Comprendere che possiamo costruire delle relazioni basate su una comunicazione efficace è il terzo.
Lavorare su questi aspetti diventa obiettivo assoluto di un percorso volto a rendere possibile un futuro che sembrava impossibile.