L’ultima volta ci siamo lasciati con una serie di interrogativi rispetto alla possibilità di poter rendere reale la comunicazione e sulla costruzione di un sistema di relazioni altrettanto reale. Concentriamoci sul primo aspetto: credo che più che sulla difficoltà di ritrovare l’altro, la difficoltà di uscire dal guscio risieda nel ritrovare e ri-conoscere se stessi .
Immaginiamo una persona che ha passato gran parte del suo tempo in solitudine e ha costruito la sua identità virtuale sulla base di quegli aspetti che la potevano rendere interessante e seducente agli occhi degli utenti in rete: farà davvero fatica ad intraprendere un percorso che lo svincoli dal personaggio che si è costruito e lo legittimi a mostrarsi per ciò che è. La difficoltà iniziale del terapeuta riguarderà la costruzione di un rapporto basato sulla fiducia e sull’astensione di qualsiasi giudizio nei suoi confronti, mentre dal punto di vista del paziente la difficoltà principale sarà afferrare la mano del professionista per uscire dall’ombra.
La relazione terapeutica inizierà pertanto “in punta di piedi”: una mossa falsa o una parola troppo feroce potrebbero essere letali e riportare il riccio a chiudersi.
È necessario, dunque, che il paziente trovi in questo contesto un posto in cui potersi esprimere liberamente, in cui comprenda di poter dire veramente cosa prova, chi è e quale cambiamento vuol raggiungere. Questo spazio deve rappresentare per lui la base sicura per ricostruire un nuovo sé, un nuovo modo di intrecciare relazioni senza paura di ferire nessuno né deludere le aspettative altrui. Ma soprattutto gli deve dare modo di conoscersi realmente, di capire chi è, cosa vuole da sé stesso e cosa può offrire al mondo.
La consapevolezza di chi si è veramente fa davvero tanta paura perché ci porta ad entrare nell’incertezza, ci allontana dal porto sicuro che è il modus vivendi dell’uomo medio, sempre attento ad omologarsi agli stili di vita e ai modi di pensare-acritici-, a fare i conti con le mode del momento e ad allontanarsi da quelli che sono i suoi gusti personali e al suo vero modo di concepire e dare una spiegazione alle cose.
Ma tutto ciò non fa che impoverire la nostra vita: appiattirsi significa rinunciare a vivere, significa perdersi il gusto di sapere cosa accadrebbe se si scegliesse una strada piuttosto che un’altra, frequentare un certo gruppo di persone al posto di un altro. Se ognuno è artefice della propria vita deve rendersi conto che provare nuove vie non vuol dire essere sbagliati o valere di meno perché la si pensa diversamente. Vuol dire avere il coraggio di seguire il proprio cuore.
Uscire dall’ombra significa esattamente questo: gettare la maschera e sperimentare l’autenticità delle emozioni, svincolarsi da una massa di giudizi e stereotipi che ti fanno sentire inadeguato e incapace perché non d’accordo sul brodo che ti propina. Liberarsi da sentimenti, aspettative, punti di vista, pensieri e tendenze non propri, o comunque incongruenti con noi stessi, può solo che farci star meglio e renderci orgogliosi di ciò che siamo. Le “rispettabili apparenze” e “le facciate costruite ad hoc” sono modelli impiegati da coloro che pongono l’accento sul quieto vivere, sull’astensione da qualsiasi critica o atteggiamento controcorrente. Decidono di piegarsi a un modello che non implica il loro mettersi in gioco, il loro osare, il loro mondo emotivo.
Personalmente ritengo che vivere una vita in questi termini sia una vita vissuta a metà e senza nemmeno troppo entusiasmo: naturalmente ognuno avrà il suo modo di interpretare e dare senso alla propria vita.
In conclusione, il lavoro che tante persone decidono di fare per riscoprire se stessi e dare un significato al loro mondo interiore e relazionale è, da una parte, indubbiamente faticoso ma, dall’altra un impegno lodevole, coraggioso e che va sempre spronato.
Nel momento in cui ci ritroviamo e ci riconosciamo siamo in grado di uscire allo scoperto perché abbiamo bene in mente i nostri limiti e le nostre risorse, non ci fa più così tanta paura l’idea di provare qualcosa di nuovo e siamo più sereni nell’intrecciare con l’altro un rapporto genuino perché non ci spaventa il giudizio o l’idea di non corrispondere alle sue aspettative: siamo più forti grazie a noi stessi.