
“Sei forte quando riconosci le tue debolezze, non quando calpesti quelle degli altri”
Anonimo
Il Cyberbullismo, rappresenta un insieme di atti aggressivi agiti da una persona a danno di un’altra, che vengono diffusi attraverso l’uso di chat, e-mail, siti internet, messaggi e così via. Questo fenomeno, essendo on line, presenta delle aggravanti rispetto al classico bullismo: il cyberbullo si avvale di un canale che può nascondere la sua identità e che non permette alla vittima di riconoscerlo; la vittima non sempre è in grado di poter rimediare ai contenuti diffamatori che vengono pubblicati sul suo conto; il cyber bullismo può essere praticato costantemente; il cyberbullo può nascondersi dietro un profilo innocuo che si trasforma in carnefice in rete. Inoltre, come riporta Wikipedia [1] sono state identificate diverse categorie di cyberbullismo:
- Flaming: messaggi online violenti e volgari (vedi “flame“) mirati a suscitare battaglie verbali in un forum;
- Molestie (harassment): spedizione ripetuta di messaggi insultanti mirati a ferire qualcuno;
- Denigrazione: sparlare di qualcuno per danneggiare gratuitamente e con cattiveria la sua reputazione, via e-mail, messaggistica istantanea, gruppi su social network, etc;
- Sostituzione di persona (“impersonation”): farsi passare per un’altra persona per spedire messaggi o pubblicare testi reprensibili;
- Inganno: (trickery); ottenere la fiducia di qualcuno con l’inganno per poi pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate via mezzi elettronici;
- Esclusione: escludere deliberatamente una persona da un gruppo online per provocare in essa un sentimento di emarginazione;
- Cyberpersecuzione (“cyberstalking“): molestie e denigrazioni ripetute e minacciose mirate a incutere paura;
- Doxing: diffusione pubblica via internet di dati personali e sensibili;
- Minacce di morte.
Il dato allarmante è che questo tipo di fenomeno sta provocando un numero sempre maggiore di suicidi, soprattutto tra gli adolescenti: a fronte di questo dato ci si chiede perché colpisce specialmente questa fetta di popolazione?
Nel periodo che va tra gli 13 e i 18 anni, i ragazzi devono affrontare tanti ostacoli e novità: l’ingresso in un sistema scolastico che prevede un certo grado di competenze, autonomia e capacità critica; l’inserimento in una cerchia di coetanei che segue una certa tendenza, sia ideologica che di brand; i primi approcci con l’altro sesso e, in generale, con la sfera della sessualità; gestire un corpo che cambia e lo sguardo degli altri su di esso; desiderare indipendenza dai genitori; sperimentare modelli di vita insegnati dalla famiglia e al tempo stesso quelli che più si adattano ai propri bisogni e interessi; comprendere quale sia il suo “posto nel mondo” e decidere “cosa fare da grande”. Tutti questi “compiti evolutivi” creano grande fragilità e confusione, ogni giorno è una messa alla prova e dover gestire anche degli attacchi di bullismo non fa che rendere ancora più fragile questo periodo di criticità: chi non è ben strumentato, purtroppo, non riesce a trovare o chiedere aiuto e finisce col prendere decisioni cruente e definitive.
Dai vari studi del fenomeno emerge che il cyberbullismo è più complesso di quel che si può pensare, in quanto è costituito da un’ampia rete di attori: il bullo che agisce la prepotenza; quelli che lo aiutano nel mettere in atto l’azione prevaricatoria; quelli che lo sostengono attraverso l’approvazione delle sue azioni; la vittima che subisce le prevaricazioni, il quale può avere un carattere timido, insicuro e poco in grado di difendersi o un carattere irritabile, irrequieto, che reagisce alla prevaricazione “provocando” facendo così il bullo; quelli che difendono la vittima, sia consolandola, sia contrastando apertamente i prevaricatori; gli esterni, cioè coloro che non si schierano né dalla parte del carnefice né dalla parte della vittima.
A questo punto viene da chiedersi se il bullo ha una coscienza con cui fare i conti: Bandura[2] parla di “disimpegno morale”, ossia un modo attraverso cui l’individuo riesce a disinnescare temporaneamente la sua coscienza personale agendo comportamenti inumani e lesivi, senza sentirsi in colpa. Ciò vuol dire che adotta degli escamotages che non sviluppano in lui senso di colpa o di vergogna e che, anzi, in qualche modo giustificano le sue azioni, ad esempio che esistono comportamenti ben peggiori di quelli messi in atto dal bullo, che la vittima se l’è meritata, che, facendo parte di un gruppo, la responsabilità non è del bullo ma dei suoi membri.
E le famiglie? Che ruolo hanno in questa dinamica? A volte, per la rapidità con cui si svolgono gli eventi, non hanno nemmeno il tempo di accorgersi di ciò che sta accadendo e di conseguenza è ormai troppo tardi per far qualcosa, spesso non sono al corrente di cosa facciano i loro figli on line e altrettanto spesso sono i genitori stessi alle prese con i loro smartphone.
In conclusione: come possiamo affrontare e prevenire il cyberbullismo?
Innanzitutto ponendo attenzione al tempo di esposizione a social and co.- non proibirne l’uso ma non abusarne per tenere tranquilli i propri figli-; assicurarsi che i propri figli abbiano altri interessi al di fuori della rete e gestiscano il tempo libero nella frequentazione di coetanei o nella pratica di sport.
Ricordiamoci
però che la responsabilità non passa solo dalla famiglia, ma anche attraverso
le istituzioni scolastiche, ecco perché all’interno delle scuole vengono
proposti vari progetti di sensibilizzazione, conoscenza e prevenzione del
fenomeno. Fornire ai ragazzi delle giuste informazioni e degli strumenti per
poter riconoscere e affrontare un atto di bullismo è diventato fondamentale ai
fini della consapevolezza della portata di tale fenomeno e della conseguenti
responsabilità che un tale atto può generare a livello penale[3].
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Cyberbullismo
[2]Albert Bandura “Disimpegno morale. Come facciamo del male continuando a vivere bene”, Ed. Erickson, 2017
[3] https://giuricivile.it/cyberbullismo-responsabilita-civile/#4